Con l'ok definitivo del Senato, e dopo il via libera
della Camera il 6 aprile scorso, l'abolizione dei voucher e la reintroduzione
della responsabilità solidale negli appalti diventano legge. Di conseguenza il
referendum Cgil si prepara ad essere definitivamente depennato.
La CGIL canta
vittoria, ma è opportuno almeno fare un riepilogo, per vedere se è stata una
grande vittoria o una vittoria molto modesta.
Le richieste di referendum erano tre:
*Ripristinare l’articolo 18, abrogando le novità
introdotte dal Jobs Act sul licenziamento e sui cosiddetti “licenziamenti
economici”.
*L’abrogazione del lavoro accessorio
mediante Voucher
*Ripristinare la responsabilità in solido di
appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore.
Su terzo referendum una vittoria c’è stata perché è
stata ripristinata la responsabilità solidale negli appalti e i lavoratori non
saranno lasciati in caso di infortuni nelle soli mani delle ditte appaltatrici.
Sul secondo
referendum la CGIL si proponeva una applicazione dei voucher solo ai casi
di lavoro saltuario; in pratica una sostanziale modifica (anche l’Inps aveva
raccomandato di modificarli senza abolirli). Il Governo Gentiloni (mandatario di Renzi) ha avuto paura di una decisione della Cassazione, che se non convinta
delle modifiche poteva mantenere il referendum, ed, ha preferito cancellare tutta l'intera normativa. Di conseguenza i voucher
sono diventati spazzatura anche per gli aspetti positivi: molto lavoro
saltuario ritorna in nero e per la sua normalizzazione si rinvia ad un
ipotetico futuro legiferare.
Sul primo
referendum, per il ripristino dell’art. 18, le castagne dal fuoco al Governo le
aveva tolto la Consulta che l’aveva bocciato; secondo la Corte nella sua nella formulazione il Referendum non si limitava a cancellare
la norma che ha sostituito il reintegro con l’indennizzo, e veniva a creare di fatto una
nuova normativa. L’effetto di una vittoria del Sì, sulla base del quesito, sarebbe
stato l’estensione delle maggiori tutele anche alle aziende con più di 5
dipendenti (mentre in precedenza il limite dello statuto dei lavoratori era di
15). In pratica il referendum più importante proposto dalla CGIL era debole
sul piano della formulazione giuridica ed ha incontrato il rifiuto della Consulta; diciamo
che i promotori sono stati poco attenti al punto di chiedere più di quello che
normalmente si potesse chiedere con un referendum abrogativo.
La bocciatura della
Consulta, nei fatti poi accettata dalla CGIL che non ha ricominciato a lavorare
per riproporre un nuovo quesito referendario sulla materia, ha messo un pietra tombale sull’art.
18.
La vittoria sui 3 referendum proposti dalla CGIL è di
conseguenza molto, molto modesta. (f.z.)
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